RECENSIONE – Mistero buffo
BARBERINO DI MUGELLO – Supero la tentazione di non scrivere niente su questo “Mistero buffo” messo in scena da Lucia Vasini al Teatro Corsini di Barberino e ci provo. La tentazione non è certo dovuta alla mancanza di gradimento; al contrario, i temi emersi da questo breve monologo di poco più di un’ora, sono stati talmente tanti che è molto difficile, almeno per me, riuscire a raccontarli in modo chiaro e allo stesso tempo sintetico. E allora ne prendo alcuni a caso.
Il monologo ci ha immerso da subito nelle radici profonde e remote del Teatro. L’attore che riesce a raccontare storie con il solo mezzo di cui dispone: sé stesso e il proprio corpo, una risorsa inesauribile per chi la sa usare, e dopo un po’ non ti accorgi più che quei personaggi, quei dialoghi, quegli ambienti che stai immaginando (ma potrei dire ascoltando e vedendo) in quel momento, sono creati dai movimenti del corpo, dalla gestualità, dalle espressioni del viso, dalla voce di un solo personaggio: l’attore. Il monologo di Maria alla croce, drammatico e coinvolgente, ma anche commovente, mi ha ricordato alcuni brani della “Buona Novella” di De André, come “Le tre madri” o “Maria nella bottega del falegname” oppure “Il sogno di Maria”. Non so se Faber e Dario Fo abbiano realmente avuto modo di influenzarsi l’un l’altro nella scelta del tema ma non l’escluderei. In fondo il Mistero buffo e la Buona Novella sono entrambi nati nello stesso periodo 1969-1970. Per certo i due hanno avuto in comune l’idea di umanizzare il personaggio di Maria e ancorarlo saldamente alla terra, rendendolo per tutti, credenti o no, molto più vicino e accessibile. Un altro pezzo di grande intensità è stato quello della storia di Shahriyar, un’altra straziante storia di donne.
Danilo Nucci
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 novembre 2019
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