RECENSIONE – Moni Ovadia. Dalla white card alla wild card
BARBERINO DI MUGELLO – Giovedì 5 agosto, sulle sponde del Lago di Bilancino, all’interno della rassegna “La rinascita della bellezza 2.0”, è stata la volta di Moni Ovadia, presentato da Emilia Paternostro, che ha puntualizzato quanto ogni titolo sia riduttivo nei confronti di un uomo del suo calibro. È infatti al maestro Ovadia che dobbiamo la diffusione della cultura ebraica, delle sue tematiche aperte e di quella spiritualità da lui definita “colorata”, che è stata brutalmente recisa in una delle pagine più tristi della nostra Storia. Moni Ovadia all’area eventi Andolaccio si è dato ad una apologia dell’ironia, che spesso viene ostacolata nel contemporaneo, buttandosi sul racconto di una miriade di barzellette provenienti dal mondo ebraico, in cui l’artista ha voluto far vedere quanto spessore ci possa essere dietro una storiella, tanto che un uomo colto come Umberto Eco amava dilettarsi all’ascolto e al racconto di simili freddure. Un’esposizione di battute abbastanza appassionata, nonostante sia venuta meno l’idea dello spettacolo, poiché il tutto si è trasformato in una conversazione a senso unico con il pubblico. Mentre in alcuni contesti lo sfumare di elementi spettacolari e scenici è richiesto dall’argomento stesso, come era stato nel caso di “Le meraviglie nel Paese di Alice” di Odifreddi e Dalla Via, all’interno della stessa rassegna, in cui comunque si è scelto di mantenere un certo pathos dettato proprio dall’attaccamento dei due al tema, dallo studium latino che era l’anima dello stesso spettacolo, un’operazione del genere non era richiesta nella serata del 5 agosto. L’assenza di un filo conduttore, di un’anima portante, ha creato incertezza nei pochi spettatori presenti su quali fossero i tempi dell’opera, infatti pochi si sono accorti della fine del monologo, che poi è stato ripreso dal maestro, il quale si è ricordato di altre due barzellette che, secondo lui, non potevano fare a meno di essere raccontate. Il senso è stato chiaro, ovvero la ricerca di esso all’interno di alcune battute, ma avrebbe conferito un po’ di corpo al tutto un ispessimento del tema, rendendolo più forte, magari spaziando in altri contesti e costruendo un discorso unitario che avrebbe potuto farci parlare di spettacolo. Quindi, più che una “carta bianca” (white card), si può dire che il maestro si sia avvalso di una wild card, ovvero quel famoso permesso di partecipare ad un torneo di tennis ad un atleta che non ne avrebbe diritto, termine che poi ha assunto il significato comune di “jolly”, di confort zone da tirare fuori ogniqualvolta si manca delle risorse o dei temi principali. Insomma, sappiamo che la confort zone di Moni Ovadia sono le barzellette.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 agosto 2021