RECENSIONE: La fortuna con la “F” maiuscola
VICCHIO- È andata in scena, al Teatro Giotto di Vicchio, la compagnia teatrale “Ci sembra il caso” con la pièce “La Fortuna con la effe maiuscola”, una commedia in tre atti diretta da Gerardo Caso e dedicata alla memoria di Don Sergio Bugada, Parroco della comunità di Villore e Rupecanina nel Comune di Vicchio.
La commedia, scritta nell’anno 1942 da Eduardo De Filippo e Armando Curcio, è ambientata in una Napoli intrisa di miseria e di ingiustizia sociale, dove una delle poche -se non l’unica- forme di sopravvivenza è rappresentata dall’arte di arrangiarsi: tutti elementi, questi, tipici della commedia di Eduardo.
L’opera teatrale si svolge nella cucina della famiglia Ruoppolo dove abitano Giovanni, sua moglie Cristina e il loro figlio adottivo, Enricuccio, un nullafacente sconclusionato e assai dispettoso. La famiglia Ruoppolo è molto povera e il loro appartamento è alquanto misero; e d’inverno anche gelido per la mancanza del vetro della finestra di cucina che dà sulle scale condominiali: il vetro è stato tolto poiché si appannava di continuo (ovviamente, dal di fuori) e per poi fare entrare quel poco d’aria calda proveniente dalle scale.
La scena inizia con una conversazione pregna di maldicenze -come succede in ogni condominio che si rispetti- fra Cristina e la portinaia Concetta nei confronti di Donna Amalia, la fedifraga signora del piano di sopra, colei che sovente si lascia “abbandonare ai piaceri del vizio”.
Ma una volta terminato il rituale chiacchiericcio delle comari, si torna ai problemi quotidiani dove è l’inedia a far da padrona in casa Ruoppolo, presentandosi puntualmente all’ora di pranzo. Ci sono giorni in cui, anche la presenza di un uovo, magari sparso bene in padella, potrebbe alleviare la cruda realtà; se non fosse per il maldestro e dispettoso Enricuccio che lo ha fatto cadere per terra, accusando il babbo di averlo rubato e quindi in obbligo morale di restituirlo alla legittima proprietaria, la gallina. Dopo tanta sofferenza però, sembra che a Giovanni qualcosa di buono stia per accadere: è riuscito a guadagnare centomila lire legittimando un falso figlio, il Barone Sandrino di Torre Padula, che ha bisogno di un padre per poter sposare una ragazza di buona famiglia.
Ma come le disgrazie sembrano non arrivare mai da sole, anche la fortuna può girare per ben due volte in breve tempo. Infatti, nello stesso giorno, a Giovanni viene comunicata dal notaio la notizia della morte di suo fratello che viveva in America e che gli ha lasciato in eredità la cospicua somma di duecento milioni (suddivisi in contanti, ville e monili), all’unica condizione che egli non abbia un figlio; in tal caso, il patrimonio passerebbe direttamente a quest’ultimo. Davvero un gran bel colpo di “Fortuna con la effe maiuscola”, quello che gli sta accadendo, che però lascia il povero Giovanni nella più totale disperazione. Ma fra dolore e lacrime, venuto a conoscenza di aver commesso un “falso in atto pubblico”, Giovanni dà il meglio di sé e la storia si conclude con un monologo assai commovente, che fa riflettere sui valori e l’importanza della famiglia.
Due ore ben spese quelle trascorse in compagnia del gruppo amatoriale di Firenze “Ci sembra il caso”, il cui lavoro è stato egregiamente diretto e interpretato da ognuno dei componenti, compreso il lavoro della signora Maria Patrizia Naldi, che accompagna il gruppo nelle trasferte. La loro passione e la loro professionalità hanno permesso di rappresentare una realtà di quasi ottant’anni anni fa, apparentemente diversa da quella attuale, ma che poi -per alcuni- tanto diversa non è.
Il gruppo è nato nell’anno 1999 da un’iniziativa di Don Sergio Bugada, insegnante di Lettere e Preside della Scuola Media “Istituto Salesiano Dell’Immacolata” di Firenze. Con una grande passione per il teatro, Don Sergio in quel periodo costituì il gruppo “I Broccoli di Città” dove gli attori che ne facevano parte erano i genitori dei suoi studenti e dove lui faceva il regista. Lo scopo della compagnia era quello di raccogliere fondi per poi destinarli in beneficenza. La maggior parte di questi proventi era destinata alle Suore Brasiliane che si trovano in Camerun (ad Ebolowa), per la missione della scolarizzazione dei bambini africani, dove Don Sergio andava personalmente a consegnare il denaro. Purtroppo, con la sua dipartita, avvenuta pochi mesi fa, il gruppo ha dovuto sostituire il regista, il quale ha preferito cambiare il nome alla compagnia, chiamandola “Ci sembra il caso”. Il regista, così facendo, avrà sicuramente apportato una modifica al nome cambiando i connotati al gruppo, ma non i contenuti, che quelli restano gli stessi da Don Sergio iniziati. Amato da tutta la comunità del Mugello, il parroco è stato un uomo sempre pronto a dare una parola di conforto a tutti, dal cuore limpido, onesto e gentile. Dispensatore di pane, che portava ogni domenica mattina direttamente da Firenze per i suoi parrocchiani, quando gli veniva chiesto: “Perché non vi danno moglie?” lui rispondeva con lieve sarcasmo: “E’ l’unico privilegio che abbiamo!”.
Carla Gabellini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 novembre 2019
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