RECENSIONI – Don Chisciotte, diretto da Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer
Cast: Alessio Boni, Serra Yilmaz, Marcello Prayer, Francesco Meoni, Pietro Faiella, Liliana Massari, Elena Nico, Nicolò Diana
“Rapiscimi, portami via, partiamo! A te, a te, tutti i miei ardori e tutti i miei sogni!” [G. Flaubert, Madame Bovary]
FIRENZE – L’opera “Don Chisciotte”, diretta da Alessio Boni, Roberto Aldorasi e Marcello Prayer, in scena al teatro “La Pergola” di Firenze, è stata un’interessante riproposizione di un personaggio complesso come Don Chisciotte, il fondatore del bovarismo nella sua forma più pura, per cui pur di inseguire i propri sogni, si possono contrarre stati di follia. Il protagonista, interpretato dallo stesso Alessio Boni, si è fatto portavoce di una ricerca di espressione di valori, certe volte esibita in maniera molto incisiva, il che alla prima apparenza poteva sembrar prevaricare la profondità di un personaggio articolato come Don Chisciotte, ma in realtà ciò ha permesso di apprezzarne la forza di volontà che non è andata in contrasto all’idea di una complessità interiore. Anche le pose di Don Chisciotte a volte molto garbate e cavalleresche, a tratti volutamente scomposte, hanno contribuito a dare l’idea di una tensione fra realtà e immaginazione. Il carattere nobile del personaggio è stato ottimamente controbilanciato dagli atteggiamenti pratici del suo fido compagno Sancho Panza, interpretato da Serra Yilmaz, la quale ha conquistato il pubblico con il suo fare concreto e naturale. Tale personaggio ha introdotto un clima umoristico all’interno dello spettacolo, incrementato dal dialetto meridionale della moglie di Sancho, che urlava da un palco del teatro per dissuadere il marito dal seguire il cavaliere.
Le tematiche più allegre hanno fatto da contrasto alla scena iniziale, nella quale abbiamo visto il patto fra Don Chisciotte e la morte, in cui egli si ripromette di morire da cavaliere errante. Tuttavia, un inizio del genere non ha gettato un’ombra di tristezza nello svolgimento, ha bensì costituito uno slancio per il protagonista, un là per affrontare le sue imprese, una sorta di “essere per la morte” heideggeriano.
La scenografia ha colpito molto gli spettatori, è risultata particolarmente interessante la scelta di un altro sipario da cui emergevano i personaggi immaginati da Don Chisciotte, un tale sipario rappresentava un accesso alla sua immaginazione ed accendeva la curiosità del pubblico a cercare di capire cosa ci fosse dietro, assumendo il valore potenziale dei limiti leopardiani. I personaggi immaginati, spesso rappresentati come fantocci di carta pesta, su ruote o girelli, davano l’idea di non avere un fondamento proprio, ma di essere costituiti di pura fantasia, pur avendo comunque una loro plasticità e consapevolezza. I numerosi effetti (in particolare la rappresentazione del cavallo Ronzinante animato al suo interno da Nicolò Diana) si sono integrati nella trama dell’opera risultando coerenti con il tutto e per niente superflui, hanno infatti reso manifesto al pubblico quello che è reale per chi, come Don Chisciotte, vede ciò che per gli occhi talvolta è invisibile.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 marzo 2019
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