RECENSIONI – “Quattro” forti emozioni con il nuovo spettacolo di Gabriella Vallini
BORGO SAN LORENZO – Nel parco di Villa Pecori Giraldi, dal 25 al 28 luglio, si è svolta la 1° edizione del Festival “Live Art in Villa”, una rassegna teatrale e musicale che, venerdì 26 luglio, ha visto debuttare “Quattro: erano solo donne”, nuova produzione scritta, diretta ed interpretata da Gabriella Vallini accompagnata da Sabrina Mallano, Sonia Benedetto e Maria Cristina Rabatti.
Le quattro donne protagoniste dello spettacolo, nate in epoche diverse e con altrettante storie diverse tra loro, hanno un filo conduttore comune: tutte hanno “osato” ribellarsi a una condizione sociale decisa da altri per loro.
Sedute dinanzi a un tavolino in un salotto borghese sorseggiano del tè e iniziano a parlare di arte, d’amore e di scienza. La prima a raccontare la sua storia è Artemisia Gentileschi , pittrice naturalista del ‘600, la più famosa nel suo genere fra i pittori “caravaggeschi”. Venuta al mondo con un innegabile talento per la pittura, all’età di diciotto anni, il padre Orazio l’affida alla guida di Agostino Tassi, un pittore un po’ smargiasso, ma talentuoso nel genere pittorico della “prospettiva” e in quello del “ trompe-l’oeil”. Il Tassi è anche un uomo iracondo, con dei trascorsi burrascosi e persino mandante di diversi omicidi; insomma, un tipo poco raccomandabile che finirà per violentare Artemisia. Quell’episodio segnerà per sempre Artemisia, che rimarrà profondamente traumatizzata e che riverserà sulla tela quel torto subito. Il padre Orazio finisce per querelare il Tassi che verrà processato. Artemisia, pur scioccata e sconvolta, affronta il pubblico processo con coraggio e forza di spirito, dovendo anche subire visite ginecologiche, torture e umiliazioni d’ogni tipo in una situazione colma di diffidenza e sospetti nei confronti di una donna che è determinata a far valere le proprie ragioni. Alla fine, Artemisia riesce a far condannare il suo stupratore e a vincere la sua battaglia.
E’ la volta di Maria Salomea Sklodowska, meglio conosciuta come Marie Curie. Nata a Varsavia, nella seconda metà dell’ottocento, quando decide di intraprendere gli studi universitari si trova davanti a un muro di gomma: le donne, nel suo paese, non possono essere ammesse all’università. Decide allora di emigrare in Francia e a Parigi si iscrive alla Sorbona dove riesce, successivamente, a conseguire la laurea in matematica e fisica. “Determinazione e certezza” sono il suo mantra.
A Parigi trova anche l’amore, quello vero, per il fisico francese Pierre Curie, suo istruttore di laboratorio. I due si sposano, ma dopo pochi anni di matrimonio un destino beffardo gioca con la vita di Pierre facendolo scivolare accidentalmente sotto una carrozza trainata da cavalli dove trova la morte. “Determinazione, certezza e depressione”, sono ora le parole di Marie…
Un altro amore entra nella sua vita, quello con Paul Langevin, sposato con quattro figli, il quale – a causa di questa passione per Marie – getta al vento il proprio matrimonio mentre lei sarà apostrofata con l’epiteto di
“straniera rubamariti”.
La sua determinazione la porta a vincere due premi Nobel in due discipline diverse: nel 1903 in Fisica (insieme al marito Pierre), per lo studio sulle radiazioni e nel 1911 in Chimica, per la sua scoperta del radio e del polonio, il cui nome viene scelto dalla scienziata proprio in onore della sua terra. È anche la prima donna ammessa a insegnare alla Sorbona di Parigi.
Arriviamo al terzo personaggio femminile: Santa Caterina da Siena, l’amica del silenzio. Semianalfabeta, non va a scuola e non ha maestri privati, i suoi genitori la vogliono dare in sposa già a 12 anni ma lei dice no. Studia da autodidatta, diventa mistica e diverrà consigliera spirituale per potenti e alti dignitari, nonché santa patrona d’Italia e compatrona d’Europa. La propria ardente devozione nei confronti di Gesù Cristo la porta a ringraziare, in punto di morte, il destino che le fa il regalo di spirare alla stessa età del Signore.
Infine appare lei, di rosso vestita, la fanciulla “che non sopporta il vento”, quel vento infernale (…la bufera infernal che mai non resta…) che continuamente la rapisce per l’eternità, insieme al suo amato nell’Inferno dantesco, così come in vita fu travolta dal vento della passione. Nata “su la marina dove ‘l Po discende”, Francesca da Polenta, destinata a un infelice matrimonio con Gianciotto Malatesta da Rimini, rozzo, claudicante e prepotente, finisce per innamorarsi del cognato Paolo, che è tutto il contrario di Gianciotto (“amor ch’al cor gentil ratto s’apprende…”) e “poi non dico altro, tanto la mia storia la conoscete tutti”…
La recitazione è stata alternata da brani cantati dalla voce suadente di Gabriella Vallini, accompagnata dalla pianista Ilaria Innocenti, i cui testi erano riferiti alla vita delle quattro donne. L’interpretazione delle singole attrici è stata veramente efficace, non soltanto nel raccontare i relativi avvenimenti della vita dei personaggi, ma soprattutto nel trasmettere l’emozione che queste quattro donne, con la loro sofferenza, hanno segnato in tutti noi.
Carla Gabellini
Foto Veronica Ugolini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 Agosto 2019
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