RECENSIONI – Il sogno corre sul filo (del telefono)
BARBERINO DI MUGELLO – L’affascinante storia di Antonio Meucci è quella di un sogno durato tutta una vita, un sogno realizzato ma privato del riconoscimento pubblico, almeno fino a che l’inventore del telefono era ancora in vita.
Ho ascoltato il racconto di Anna Meacci al Corsini con mente libera, sgombra da idee preconcette. Fino a ieri sera le mie conoscenze sul tema si limitavano alle quattro righe lette in uno dei miei libri di testo scolastici di tanti anni fa ed è per questo che tutta la vicenda è stata per me una grande scoperta.
Questo terzo appuntamento del progetto “Personae” è certamente quello che più mi ha coinvolto. Dovrei scrivere molto su ciò che sono riuscito a cogliere in tutta la narrazione, ma per non andar troppo per le lunghe (che non mi piace mai), sono costretto a fare un elenco sintetico dei punti salienti del racconto di Anna, che riesce sempre a tenerti incollato alla storia in un cocktail sapiente di fatti, esperienze personali, descrizione di caratteri, il tutto condito da una buona dose di ironia.
Abbiamo assistito alla nascita di un sogno: l’elemento determinante nella scoperte dell’umanità è quella scintilla, quella improvvisa intuizione di un attimo, quell’idea e non il bagaglio delle conoscenze teoriche e tecniche che sono importanti ma possono venire anche dopo.
Mi è tornato in mente quel gioco di comunicazione a distanza che facevamo da ragazzi con due bicchierini da gelato vuoti, collegati da un filo, senza sapere all’epoca che si trattava del primo esperimento di Meucci.
Abbiamo immaginato, ma potrei dire visto, il Teatro della Pergola, in cui Meucci lavorava negli anni ’30 dell’800 e che gli dette lo spunto per quella “folle” idea.
La parte più coinvolgente è stata proprio la descrizione della sartoria della Pergola in cui Meucci aveva conosciuto la donna della sua vita che, da ciò che emerso dal racconto, ha sfatato in parte il detto comune secondo cui “dietro un grande uomo, c’è sempre una grande donna”. Nonostante l’affetto è sempre stato un ostacolo alla sua creatività.
La sartoria del teatro è stata l’occasione per il racconto personale di Anna sulla sartoria di sua madre. La descrizione di lei bambina nascosta, come in una specie di ventre materno, in uno scatolone sotto il tavolo da lavoro, da cui poteva sentiva i rumori rassicuranti del lavoro della mamma: la preparazione delle stoffe sul tavolo, il modello appuntato sul tessuto, l’uso del gesso, il taglio e soprattutto quell’indescrivibile odore … Anche soltanto questa parte vale tutto il racconto.
Danilo Nucci
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 febbraio 2020