RECENSIONI – Cronaca di una serata a Microscena
BORGO SAN LORENZO – Serata fredda dice Persio – è la serata giusta per uno spettacolo al caldo, posto tranquillo e mi dice al telefono: andiamo a teatro – sì ma dove – rispondo e lui con fare sicuro – andiamo a sentire Marco Paoli a Borgo san Lorenzo.
Sapete quelle serate che tira vento e il freddo arriva fino alle ossa come se ti attraversasse tutto di colpo e che quindi te ne staresti bene al calduccio a passare una serata noiosa davanti alla TV, ecco la serata si stava scombinando mentre rispondevo: va bene andiamo, poi però mi spieghi meglio che spettacolo è. Mi dice che è una commedia tratta da un racconto di Cechov e che si parlerà anche di lui, l’autore, si insomma di Cechov, sarà interessante. Resto infreddolito e dubbioso.
Viaggiamo da Firenze a Borgo, strade un po’ buie, odore di campagna , anche se di inverno si sente non molto ma appena imboccata la Bolognese l’aria si fa già più pulita, più fina e mano a mano che ci si allontana dalla città cambia la prospettiva e si ha la sensazione netta di entrare in una angolo di mondo diverso dove i problemi sono diversi da quelli cittadini e tutto è avvolto dal buio dove l’immaginazione ha più spazio per esprimersi.
Bene, mentre viaggiamo chiedo notizie su dove ci avrebbe portato il nostro viaggio e vengo a conoscenza che andiamo in un teatro dove ci sono 23 posti e come dico, 23 è un numero magico che ha un qualche significato o che? O c’è solo un palcoscenico piccolo piccolo, ma un teatro piccolo piccolo come può funzionare?
Taglio il discorso e proseguiamo attraversando ancora le campagne toscane, diciamo anzi zona montana avvolta dal buio e sbattuta dal vento gelido di febbraio, fino finalmente ad arrivare a Borgo.
Parcheggio fatto, pochi passi e siamo dentro, il teatro si chiama “Microscena” e penso se lo chiamavano macroscena sarebbe stato un controsenso e nanoscena sarebbe suonato male. Conto i posti 23! Sì 23! Marco Paoli ci accoglie come amici, il teatro è pieno, 23 posti tutti occupati. Nonostante la gentilezza e soprattutto l’affabilità di Marco sono sempre dubbioso, 23 posti mi ripeto sono pochi come si può fare un teatro così ristretto.
L’ambiente però poco dopo con il dialogo di Marco che ci spiega un po’ di storia di “Miscoscena” e del suo personale percorso, si distende, Giovanni è venuto da Milano, noi da Firenze, alcuni sono di zona e dopo poco mi pare di conoscere tutti e mi suona strano. Così dopo due parole scambiate e un po’ d’introduzione Marco presenta l’attore, Antonio Rugani , che è in mezzo a noi e dopo altre poche parole spese su cosa è il pezzo che verrà rappresentato, sale sul palco (è un micropalco) e attacca diretto un monologo: un pezzo di Cechov dal titolo “il fumo fa male”.
A questo punto la scena per me è completamente cambiata, non tanto perché il Micropalco si sia improvvisamente allargato, quanto perché è cambiata la mia prospettiva e direi in modo rilevante.
Non sto a parlare qui della rappresentazione in se stessa e dell’ottima interpretazione di Antonio ma, di cosa mi ha fatto apprezzare quella fredda serata a Borgo, ovvero del fatto che io avevo un attore davanti, a pochi metri e che poco prima parlava con noi senza essere un attore, ma solo uno di noi. Non succede spesso, anzi non succede proprio mai di vedere un attore così, lo vediamo su un palco, lo vediamo comunque da lontano o comunque spesso dal basso in alto e c’è una netta separazione tra noi e lui. Ma qui no, è stato uno di noi che in due passi salendo sui dieci centimetri del palco (il micropalco è alto 10 cm) è semplicemente diventato attore ed ha cominciato ad esprimersi. Non c‘erano barriere, semplicemente davanti a noi pochi, Antonio recitava, lo vedevamo bene (visto lo spazio), notavamo qualsiasi espressione, sentivamo meravigliosamente (il suono in pochi metri si propaga alla grande), ma al di là di questo c’era un feeling fantastico che sfido a ricreare in altri teatri.
Il monologo si è concluso, abbiamo giustamente applaudito, Antonio ha poi commentato e parlato un po’ di Cechov, insomma ho dato una buona valutazione, sono rimasto colpito e ben colpito. Grazie Persio la serata si è scaldata.
Salutiamo tutti dopo gli applausi usciamo nel freddo di nuovo. Penso è stata davvero una cosa nuova e mentre cammino verso l’auto e il vento non smette di tormentarmi mi convinco che il 23 è il numero giusto, grazie Marco, continua così!
Stefano Agresti
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 1 Marzo 2019
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