RECENSIONE – “Sguardi” appunti africani di un improbabile viaggiatore
BORGO SAN LORENZO – Quattro ragazzi al bar, un aperitivo, un’idea: “ma perché non andiamo in Africa?”. Dopo i primi dubbi, le prime incertezze, le paure, inizia una storia, che parte dall’Italia, passa per l’Africa ed arriva fino al palco di Microscena attraverso lo spettacolo “Sguardi, appunti africani di un improbabile viaggiatore”
Francesco Mattonai ha deciso, dopo anni di riflessione e di rielaborazione della sua esperienza, di raccontare il suo viaggio in Africa in un modo diverso: attraverso il teatro, con immagini, racconti, aneddoti che ci fanno vedere un’altra Africa.
Un’ Africa che non è quella vicina alle nostre esperienze o al nostro immaginario, quella con i safari e i villaggi turistici, con le attrazioni fatte appositamente per gli europei, ma che di africano non hanno niente. Non l’Africa delle grandi città, delle capitali, ma quella dei villaggi, di un’unica stanza per dormire e di uno spazio unico e condiviso da tutti, la Savana, per fare tutto il resto, per vivere. Non l’Africa dei “bianchi benefattori”, ma l’Africa dei “Musungu”: letteralmente “coloro che girano senza senso”, appellativo che veniva dato ai bianchi che si facevano portare qua e là per i villaggi africani durante il periodo della colonizzazione, e che ancora oggi è rimasto per identificare noi europei.
E’ un pensiero immediato quello dell’Africa come paese pieno di contraddizioni, paese sfruttato, povero, arretrato, privo di mezzi per sostenere uno sviluppo costante, ma non lo è per niente quello dell’Africa come qualcosa di altro, come qualcosa di diverso. Un posto dove il concetto di “non produrre” è assai lontano da quello di “non fare niente”: qui le persone camminano delle giornate intere, senza orologio e senza sapere da quanti anni hanno mosso i loro primi passi, i villaggi sono “realtà pellegrine” che si spostano per mantenere agibili le strade, per collegarsi con il resto del mondo, per tenere vivi e saldi i rapporti umani.
Ed è proprio questo che Francesco ha deciso di raccontarci: un viaggio dove, davanti ad un piatto di carne e pane molle in una stanza fatta di fango, lo stupore non è solo dei ragazzi italiani che consumano quel pasto povero e rivoltante, ma anche dei padri africani che sentono la storia dei due giovani venuti dall’Italia, dove hanno studiato e dove cercano il loro posto in una società competitiva dove si deve produrre e ancora produrre per poter permettersi i sogni più semplici: costruire una famiglia, una casa, avere un figlio. Un viaggio alla ricerca del diverso, e attraverso le moltissime difficoltà e incomprensioni che nascono tra coloro che vivono due realtà agli antipodi l’una dell’altra, l’incontro con l’altro non come pietosa commiserazione, ma come prezioso insegnamento.
Viola Arinci
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 dicembre 2019