RECENSIONI – “Quanto è tristo il passo di chi, cresciuto tra di voi, se ne allontana!”
BARBERINO DI MUGELLO – Inizio da qui perché questo è stato il momento più toccante dello spettacolo “I Promessi sposi”, visto al Corsini.
L’addio ai monti di Lucia, accompagnato dalle voci dei migranti, quelli di oggi, quelli della “pacchia” per intendersi, quelli che si tengono in ostaggio per giorni su una nave, quelli che si usano come arma di ricatto contro i poteri forti, quelli da aiutare a casa propria, quelli che quando arrivano passano il tempo a giocare a pallone e a chiamare con il cellulare, quelli che vengono sistemati in alberghi di lusso, quelli che spesso non arrivano nemmeno a salire su quelle navi, perché muoiono prima, in balía delle onde del mare, su gommoni fatiscenti, quelli che se hai un moto di commozione sei bollato come “buonista”, ecc. ecc.
Ma parliamo dello spettacolo che è stata per me una vera sorpresa. Mi aspettavo una messa in scena originale, perché avevo già visto il gruppo in azione, ma sono rimasto stupito dalla capacità di rendere efficacemente, con trovate geniali, tutti i temi principali dell’immensa opera del Manzoni, rendendoli più leggeri e più fruibili. Oltre ai meriti della messa in scena e degli attori, tutti bravissimi, naturalmente c’è l’essenza dell’opera e la sua universalità, di cui solo i capolavori riescono a esserne portatori. Tutti gli aspetti della vita dell’uomo, nella sua individualità e nei rapporti dolci e amari con i propri simili, vengono analizzati con un insuperabile uso della parola.
Il mio grazie va anche alla scuola dei miei tempi, che non sarà stata una “buona scuola” come quella sbandierata oggi, ma mi ha “obbligato” in qualche modo a studiare con molta attenzione “I Promessi Sposi” che mi sono rimasti dentro come una tappa cruciale del mio modesto bagaglio culturale.
Questo mi spinge ad una breve divagazione. C’erano in sala numerosi studenti di scuola superiore, molti dei quali evidentemente obbligati dai loro insegnanti ad assistere allo spettacolo. Ho provato un certo nervosismo di fronte a quei continui schiamazzi, io che considero anche il mio stesso respiro fastidioso in teatro. Poi ho ripensato a quella volta che, come loro, alla loro età, fui “portato” con la classe alla Pergola a vedere un “Agamennone” con Renzo Giovanpietro e ricordo che in quel palco del Teatro facemmo il diavolo a quattro, fumammo sigarette e ci godemmo ben poco dello spettacolo. Quindi, non disperiamo: anche poche sollecitazioni, magari imposte, alle giovani generazioni, possono essere importanti e, naturalmente, fin che c’è vita c’è speranza.
Danilo Nucci
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 5 Febbraio 2019