L’Attore Fluttuante, corso a cura di Antonio Rugani
BORGO SAN LORENZO – Durante i quattro incontri (per un totale di 10 ore), Antonio Rugani, attore, regista e storico dello spettacolo affronterà, in un Laboratorio tecnico-pratico, un viaggio “non sempre agevole” nel Mestiere dell’Attore per raggiungere se stesso nel personaggio, toccando temi come:
- “Il corpo e la Psicologia dell’Attore”
- “L’Atmosfera e i sentimenti individuali”
- “La Composizione del Personaggio”
- “Come Affrontare un Ruolo”
Il corso si terrà sabato 30 marzo e 6 aprile dalle 15.00 alle 17.30 e Domenica 31 marzo e 7 aprile dalle 10.00 alle 12.30 nei locali di Microscena a Borgo San Lorenzo. Per informazioni ed iscrizioni telefonare al 3703092227.
Racconta Peter Brook nel suo testo “I Fili del Tempo” che un giorno Yoshi Oida (attore giapponese trasferitosi in occidente proprio alla ricerca di una formazione non legata ad un solo metodo per quanto valido), per lunghi anni attore del gruppo internazionale da lui creato, gli riferì le parole di un vecchio attore di Kabuki:
“Posso insegnare a un giovane il movimento per indicare la luna. Ma dalla punta del suo dito alla luna, è responsabilità dell’attore”
E Yoshi aggiunse “Quando recito non mi pongo il problema della bellezza del mio gesto. Per me la domanda è una sola. Il pubblico vede la luna?”
Ogni attore già adeguatamente formato nella tecnica, deve voler trovare se stesso nel personaggio che riesce a far vedere” la luna ” agli spettatori, volatilizzando così quella “quarta parete”.
Il corso si propone di esaminare, all’interno dei maggiori metodi di formazione dell’attore, il filo conduttore evolutivo tra scuole di pensiero che a volte sembrano in sostanziale contraddizione.
Con l’inizio de teatro moderno, da Ibsen, Cechov e Pirandello, si rese necessaria una formazione attoriale diversa dall’attore fine dicitore di un teatro ottocentesco “recitato” che limitava l’interazione con il pubblico quasi isolato dalla così detta “quarta parete”.
Il nuovo metodo nacque nella Russia zarista che stava maturando il suo epilogo, grazie alla figura di Stanislavskij, alle sue intuizioni psicologiche e pedagogiche che mise in pratica nella sua scuola e nel Teatro d’Arte di Mosca da lui creato insieme a Nemirovic-Dancenko, e che portò al successo la drammaturgia del teatro d’atmosfera di Anton Cechov.
Si cercò di trovare una fino ad allora sconosciuta naturalezza della recitazione con l’attuazione dei sentimenti, per poter arrivare alla creazione del personaggio, attraverso il subconscio, la volontà e la coscienza. Si tentò di arrivare ad esprimere esternamente ciò che è interiore attraverso il corpo, il solo corpo, unico strumento comunicativo dell’attore (sì unico, perché anche la parola è un prodotto del corpo tramite la voce).
Il passaggio fondamentale della formazione dell’attore è quello di perfezionare il nostro apparato fisico in tutti i suoi aspetti per poter rappresentare al meglio le sensazioni interiori del personaggio. Al termine della sua vita Stanislavskij stava proprio lavorando al “metodo delle azioni fisiche”, che sarà ripreso e sviluppato successivamente dal polacco Jerzy Grotovski nel suo metodo, punto di incontro tra i due maestri, e quindi evoluzione di un metodo e non contrapposizione.
Tra Stanivslaskij e Grotovski un ruolo fondamentale fu svolto da Michail Cechov, nipote di Anton Cechov, formatosi alla scuola di Stanislavskij e uno dei principali attori del Teatro d’Arte di Mosca, che raccoglie gli insegnamenti di Stanislavskij principalmente sulla “memoria emotiva” per indirizzare la sua attenzione verso “Il Gesto Psicologico”. Nel 1936 si trasferirà definitivamente a New York dove fonderà il The Cechov Players , dove si formeranno le nuove leve del teatro e del cinema americano, fra cui Gregory Peck e Yul Brinner.
A.R.
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 20 marzo 2019
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