INTERVISTA – Teatro, passione e lockdown. Quattro chiacchiere con Ciro Masella
BARBERINO DI MUGELLO – Ci ha incantati con il monologo “Novecento” tratto dal capolavoro di Alessandro Baricco (articolo qui) e venerdì 7 agosto salirà nuovamente sul palco di Barberino di Mugello per interpretare “Le città invisibili”, classico di Calvino. Stiamo parlando di Ciro Masella, attore e regista che ha lavorato con grandi nomi dello spettacolo: da Luca Ronconi a Massimo Castri, Gigi Dall’Aglio, Federico Tiezzi, Roberto Latini e molti altri, in alcuni tra i più prestigiosi teatri italiani. Ma è al Corsini di Barberino che si sente a casa, come ci racconta in quest’intervista.
Ti senti un po’ barberinese, come mai? Io sono venuto qui tante volte, sia per fare spettacoli con compagnie diverse, che per provare i mei spettacoli. Ad esempio, il mio ultimo spettacolo “L’ospite”, scritto da Oscar De Summa, è nato praticamente al Corsini. E questo perché Emilia Paternostro, Riccardo Rombi e Catalyst hanno creduto nel mio progetto dandomi la possibilità di costruire e far crescere il mio spettacolo qui. Ma non è l’unico, solo l’ultimo. Un’estate ero zoppicante, mi ero appena tolto il gesso ed ho vissuto il paese: andavo alla Coop, avevo i miei bar di riferimento, i miei posti…
E si è sentito ben accolto? Decisamente. Poi sono stato qui in periodi molto diversi: in piena estate, in inverno….e questo mi ha in qualche modo permesso di non sentirmi un villeggiante ma qualcosa in più.
È stata una tua scelta tornare a Barberino? Beh, sì. Ho fatto residenze in altri teatri di altri Comuni e Regioni però al Corsini sono affezionato e questo forse è portato dal grande affetto che ho per Emilia e Riccardo. Un’intesa che non è solo affettiva ma artistica….
Com’è stato tornare sul palco dopo il periodo lungo del lockdown, senza un grande teatro ed una grande platea? Quelle “quattro seggioline” nei giardini fuori del teatro per me sono preziosissime ed io mi sono goduto lo sguardo di tutti gli spettatori che riuscivo a raggiungere durante lo spettacolo. È molto più bello cominciare e ricominciare tutto perché ho la possibilità di non dare più nulla per scontato. Ed è una cosa che facciamo spesso, sia come attori che come spettatori. Questi ultimi si distraggono, non capendo a volte che sul palco c’è un essere umano, ma allo stesso tempo anche l’attore si dimentica che in platea ci sono esseri umani che, in qualche modo, fanno lo spettacolo con lui. Perché l’esibizione cambia; non solo se gli spettatori ridono o non ridono, cambia perché senti che con la loro espressione attenta ti portano da un’altra parte. Per me è stata un’emozione pazzesca. Avevo il cuore in gola. Quando abbiamo rischiato di fare Baricco in teatro a causa della pioggia ci sono rimasto male, preferivo far lo spettacolo in giardino perché così avrei potuto vedere i miei spettatori in faccia. Mi sto riprendendo il gusto di parlare a degli occhi, a delle persone e non ad un buco nero, che è quello che l’attore vede da un palco.
Io credo che da entrambe le parti dovremmo far tesoro su quello che è successo. Gli attori dovrebbero interrogarsi di più sui desideri del pubblico dando veramente tutti noi stessi, mettendoci la passione, il sudore ed il sangue. Dall’altra parte il pubblico non è molto abituato a celebrare questo rito assolutamente unico del teatro. In Italia non fa parte della nostra cultura, purtroppo. Speriamo che anche questo festival possa far avvicinare le persone al teatro, che non è quel luogo polveroso e noioso che vive nella nostra immaginazione ma che può far ridere, piangere ed emozionare a volte più di un film proiettato sul grande schermo.
Irene De Vito
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 Agosto 2020