INTERVISTA – L’attore Daniele Pecci incoraggia gli artisti mugellani: siate pronti!
BORGO SAN LORENZO – L’attore Daniele Pecci, noto per i suoi lavori in teatro, cinema e televisione, rivendica il ruolo sociale e formativo del teatro, definendo la spiritualità il pane di quest’ultimo. Inoltre, non esita a trasmettere il suo entusiasmo agli aspiranti attori e attrici del Mugello.
Uno dei suoi ultimi lavori è “Un tram che si chiama desiderio”, un esempio di cinema cult che viene portato in teatro, come un altro lavoro da lei fatto, Kramer contro Kramer. Quali sono i vantaggi o gli svantaggi di una simile scelta? “Un tram che si chiama desiderio” è comunque una pièce teatrale di Tennesee Williams, che ebbe molto successo a Broadway, Londra e Parigi, il film stesso ha ripreso questo testo. I vantaggi non derivano dal cinema se non per il fatto che il film lo abbia consacrato nella figura di Marlon Brando, per il resto viene utilizzato il copione originale.
Invece, un film che quest’anno sarà portato in teatro è “Mine Vaganti” di Ferzan Ozpetek, in cui lei ha recitato. Come è stato lavorare con Ozpetek? Ormai sono trascorsi quasi dieci anni, ma ho mantenuto un piacevole ricordo. C’era una bella compagnia di attori, abbiamo avuto un bel rapporto.
Un’altra opera in cui l’abbiamo vista impegnata è la Medea, con la regia di Gabriele Lavia, in cui vengono affrontati temi anche attuali, come la disparità di genere, l’immigrazione, l’omicidio e il tradimento, pur restando fedeli al testo di Euripide, facendo solo alcuni cambiamenti sui personaggi, come il Giasone da lei interpretato. Quanto è importante portare in teatro temi attuali ed è sempre possibile farlo senza stravolgere i personaggi o l’intento dell’autore? Quella volta è stato rispettato il testo di Euripide così come era stato scritto, senza alcun cambiamento. Lavia ha decifrato la Medea in un dramma contemporaneo e questo è possibile con un’opera come questa perché ha degli Universali, che riguardano la natura umana. Ogni operazione teatrale deve parlare al pubblico di oggi, con qualcosa che lo riguardi. Il personaggio di Giasone è quello che si è più prestato a questo intervento, permettendo di non farsi prendere dalla fuorviante convinzione che gli eroi greci siano come semidei. È stato trascinato a terra e reso più umano, il che è stato facilitato dal mio modo di recitare.
Lei ha interpretato personaggi come San Paolo in cui è ricercata molto la spiritualità. Quanto è importante quest’ultima nel suo lavoro? “Spiritualità” è un concetto davvero molto grande. Personalmente, mi ritengo in qualche modo spirituale. Non importa interpretare San Paolo, la spiritualità deve esserci sempre, è il pane del teatro. È sempre implicito nel nostro mestiere il voler raccontare l’anima dell’uomo e questo deve anche essere alla base della società, altrimenti l’uomo si riduce a mera macchina. La spiritualità è fondamentale per vivere.
Noi apparteniamo alla zona del Mugello, in cui ci sono molte realtà teatrali a livello locale. In questa occasione, vorrebbe lasciare un messaggio ai ragazzi che fanno teatro come aspiranti attori o attrici? Direi che non conta il luogo dove impari, ma contano le persone con cui ci si forma. Quello che importa è lo spirito con cui si affrontano questo tipo di attività. Voler affrontare una carriera del genere è un’utopia in questo Paese, perché è difficile poter vivere recitando. È difficile, ma non impossibile, sarei un ipocrita se proprio io dicessi questo. Quello che mi sento di dire a questi ragazzi è: siate pronti e il più possibile istruiti. Studiate tanto, il più possibile, perché dovete essere preparati forse più degli altri, perché se un giorno passerà un treno, quello deve essere il vostro!
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 22 ottobre 2019
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