INTERVISTA – Ettore Bassi “Dopo aver interpretato un personaggio, conosco di più me stesso”
VICCHIO – Ettore Bassi, attore di cinema, televisione e teatro, al termine dello spettacolo “Mi amavi ancora…” al Teatro Giotto di Vicchio, risponde alle nostre domande, esprimendo con franchezza i punti salienti di alcuni aspetti del suo lavoro. Si evince, da quanto rilasciato, una tendenza naturale alla vera riflessione e al ragionamento critico.
Di recente, Lei ha interpretato il ruolo del professor Keating, nello spettacolo L’attimo fuggente, una figura che è sempre stata al centro dei dibattici pedagogici. Il professor Massimo Recalcati, pur approvando l’idea di un insegnante che stimoli energicamente i suoi studenti, si chiede se l’episodio in cui Keating fa strappare loro le pagine del libro non sia un’imposizione della sua autorità. Lei cosa ne pensa? Io non la vedo come un’imposizione, ci vedo un gesto simbolicamente forte teso a creare trasporto. Li invita a non essere dipendenti dagli strumenti, per renderli liberi, creando una crepa nella consuetudine. Attraverso questa provocazione, insinua in loro il dubbio ed il pensiero critico. Inoltre, questo tipo di comportamento ha il pregio di fare un certo effetto nella loro mente, poiché ai ragazzi servono esempi concreti.
Un altro ruolo da lei ricoperto è quello di San Francesco d’Assisi, che, per la sua epoca, è stato un personaggio molto rivoluzionario. Se ci fosse ora una rivoluzione di quel calibro, di quale messaggio ci sarebbe bisogno? Sempre dello stesso: quello della semplicità. Il mondo di oggi vuole l’eccesso e l’esagerazione, ricerca sempre più le cose eclatanti, quindi la sfida è quella di ricorrere al vero valore delle cose, alla loro essenza. Dobbiamo riscoprire questa ricchezza attraverso l’umiltà. L’esempio di Francesco è eterno.
Lei ha lavorato molto con i bambini e con i ragazzi. C’è la tendenza a dire che i ragazzi sono il futuro. Ma sono il futuro o sono anche il nostro presente? Certo, i giovani sono il nostro presente nella misura in cui anche noi siamo allo stesso tempo il nostro presente e il nostro futuro. Il futuro è già insito nell’attualità e si costruisce attraverso quello che facciamo.
Secondo alcune teorie estetico-filosofiche, l’attore, nel momento in cui interpreta un personaggio, porta sempre dietro una parte di sé, motivo per cui molto spesso la sua interpretazione può subire delle alterazioni ed in seguito è possibile che l’attore sia quello che meno degli altri comprende il suo personaggio. Secondo lei è possibile una simile veduta? Sì, penso che sia in parte vero. L’attore porta sempre una parte di sé nel personaggio poiché si mette a servizio completo di esso. Si scoprono le somiglianze fra l’attore e il personaggio, dal momento che noi siamo fatti di emozioni, come anche la persona che andiamo ad interpretare. Dobbiamo risvegliare queste emozioni e cogliere i paradigmi che possono illustrarle. Alla fine, io non so se conosco bene il mio personaggio, ma sono certo del fatto che, dopo essermi immedesimato in lui, io conosco di più me stesso.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 febbraio 2020