RECENSIONE – Marco Bianchini a “Borgo DiVino”, un’esperienza da ricordare
BORGO SAN LORENZO – Nell’ambito della seconda edizione del Wine Festival – Borgo DiVino a Borgo San Lorenzo, sabato 2 settembre, si è svolta una “Degustazione Letteraria” con un sommelier d’eccezione: Marco Bianchini, teatrante, dalla spiccata passione per i vini.
Nella mezz’ora trascorsa insieme, dentro le mura di Villa Pecori Giraldi, attraverso le parole dello scrittore Mario Soldati – tratte dal libro “Vino al Vino” (un viaggio alla ricerca dei vini genuini) – MaRio ci ha fatto “passeggiare” per vigne, piazze e cantine rimanendo comodamente seduti.
Provvisto dello strumento forse più importante per un sommelier, il cavatappi, Marco Bianchini ha iniziato “dai calici dei nostri bicchieri con un brindisi” (consapevole che nelle degustazioni ufficiali non si brinda mai). La scelta del vino per il brindisi è stata quella di un bianco frizzante secco dell’Azienda di Firminio Miotti, il “Pedevendo”: di colore giallo paglierino, nel suo aroma si alternano profumi di frutta fresca che lo rendono piacevole e vivace, ideale per ogni occasione. Un vino molto semplice – dice Marco – che puoi bere a cena in compagnia di amici. Anche Mario Soldati pareva essere d’accordo: “Meglio, infine, un vino qualunque (purché bevibile, s’intende, purché non andato a male) bevuto in compagnia di un amico, che un Romanée-Conti da centinaia di nuovi franchi la bottiglia, bevuto da solo. Che cos’è un vino senza gli amici? Dirò pane al pane e vino al vino: dirò che un vino senza gli amici è poco più di niente”.
Dopo averci mostrato l’etichetta, il nostro Sommelier ci versa il secondo vino in degustazione: un bianco dal nome “Erbaluce” di Caluso, prodotto dall’Azienda di Ilaria Salvetti. Anch’esso di colore giallo paglierino, ha la percezione olfattiva spiccatamente floreale e fine. Mentre versa nei nostri calici il vino, stando molto attento a ripulire il collo della bottiglia col suo frangino, Marco ci spiega che il vino che stiamo bevendo non ha la fascetta D.O.C, ma non per questo è da ritenere di bassa qualità o scadente, anzi, tutt’altro. Del resto, anche André L.Simon ci insegna che “La maggior parte dei vini sono vini comuni, così come la maggior parte delle persone sono persone comuni”.
La terza e ultima degustazione, questa volta non estratta, come le altre, dal classico secchiello con ghiaccio (poiché il ghiaccio ne altererebbe la percezione rendendolo di pessimo gusto, responsabile il tannino contenuto nel rosso), la scelta di quest’ultimo ricade su un Nebbiolo di Valtellina D.O.C.G dal nome “Olé!”. Di colore rosso rubino, il suo profumo esprime una bella fragranza floreale e fruttata. In particolare, si tratta di un vino che stupisce per la qualità della scia gustativa che lascia dietro di sé per un finale di ottima persistenza.
Mario Soldati conosceva bene i vini della Valtellina. Per antica abitudine, nei suoi viaggi in treno non beveva mai altro che il Valtellina di Negri. Il suo gran rammarico, però, era quello di essere arrivato all’età di sessantadue anni senza ancora conoscerla: “Chi non è mai stato in Valtellina, ci vada. E ci vada subito, prima che sia troppo tardi”. Lo scrittore diceva così perché si tratta di una bellezza così straordinaria e intatta, che gli pareva difficile potesse durare ancora a lungo.
Anche a Giosuè Carducci piaceva il vino della Valtellina, tanto da dedicargli un ode: “A una bottiglia della Valtellina”.
Un bel libro quello che Marco ci ha fatto conoscere nella sua pittoresca e originale degustazione, dove non sono mancati aneddoti e curiosità nel campo dell’enologia. Nelle pagine da lui lette, è stato molto simpatico l’episodio di Albert Einstein: invitato ad un pranzo “nobiliare” dal Conte Harry Kessler, nel momento in cui il maggiordomo sta descrivendo il vino destinato ai commensali, Einstein, illuminato da un sorriso fanciullesco, confessa di essere astemio. Poi, per non mortificare il povero “coppiere” esclama: “Ach! Wie schade! (Oh! Che peccato!)”.
E “Che peccato!”, scriveva anche Mario Soldati perché “Di tutti i prodotti che l’uomo ricava da questa terra, su cui vive e di cui si nutre, il vino è senza dubbio il più einsteiniano: il più relativo”.
Marco Bianchini, protagonista della messa in scena “Degustazione Letteraria”, è un giovane ragazzo nato a Vicchio del Mugello, poco più di trent’anni fa. Impegnato nel sociale come lavoro primario, si diletta a fare l’attore e il regista teatrale. I suoi esordi sono stati con la compagnia “Chille De La Balanza” per poi successivamente passare a far parte del gruppo “Perelandra Teatro” e “Patate & Cipolle”. È anche regista della compagnia teatrale “Indaco” di Vicchio e ha preso da poco un diploma da Sommelier. Quindi, chapeau per tutto quello che fa.
Averlo visto recitare e contemporaneamente stappare una bottiglia, può rappresentare un’esperienza da ricordare e fermare nel tempo.
Carla Gabellini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 14 novembre 2019
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