RECENSIONE – Manuale di volo per uomo: il trionfo del bianco
Tutta gente come me ci stava là dentro…tutta gente che non era riuscita a volare
VICCHIO – Un Teatro Giotto stracolmo ha accolto Simone Cristicchi a Vicchio il 28 gennaio 2020, per il suo spettacolo “Manuale di volo per uomo”. L’attore e cantautore ha stupito per la dinamicità e frizzantezza con cui ha tenuto in piedi l’opera, facendo immedesimare gli spettatori nel personaggio di Raffaello, un uomo troppo sensibile, che non si rassegna all’idea di una madre morta mai conosciuta e che riesce a trovare il bello anche nelle situazioni più disperate. Lo slancio vitale è risultato evidente dal fervore con cui egli difendeva il fatto che il bianco fosse il suo colore preferito, andando controcorrente ai cliché per cui le persone vissute in ospedali psichiatrici o ospizi nutrono odio e terrore nei confronti delle tonalità spente e opache, come è raccontato ne “L’odore assordante del bianco” di Stefano Massini. Nel suo amore per ogni aspetto, si è visto fiorire l’animo del protagonista, evidente dalla sua tuta, inizialmente bianca, ma ad ogni scena, veniva colorata sempre di più. Tutti hanno conosciuto un personaggio dall’apparenza rozzo, che parla un marcato dialetto romanesco, che dalla risata porta alla tragedia, da una lingua comune si passa ad una lingua del dolore: l’espressione più profonda della verità. L’idea ed i valori che l’attore ha voluto trasmettere si sono staccati via via dal caso di Raffaello, per vederli presenti come Universali che venivano trasmessi a tutti. Un crescendo di tematiche e di suoni si è verificato, per cui dall’iniziale apparenza rozza del protagonista via via si sono intravisti la sua regalità e il suo pregio, come avrebbe detto Victor Hugo, secondo il quale la grandezza di un uomo sta nel rivelare quanto egli sia miserabile. Cristicchi è riuscito a dipingere senza retorica il trionfo degli ultimi, che in realtà sono coloro che sanno amare con ardore, sono gli unici che riescono a capire che amore è etimologicamente l’esatto contrario della parola “morte”. Un valore aggiunto è stato quello di non fermarsi ad un unico stile, ma sono stati riprodotti numerosi effetti, alcuni dei quali hanno suscitato svariate emozioni negli spettatori, come quando Raffaello gridava, al buio e con una candela in mano, il suo amore per una donna che stava per essere uccisa. La purezza del suo animo è riuscita a convincere gli spettatori che l’essenziale è invisibile agli occhi. Sul finale, l’attore ha raccontato, non in modo didascalico, ma in un altro vero e proprio monologo, le motivazioni autobiografiche che hanno dato origine allo spettacolo. Ha seguito l’esecuzione del brano “Abbi cura di me”, la cui musica è durata per tutto il tempo dei saluti e degli applausi. Uno spettacolo dentro lo spettacolo: con il sottofondo musicale, le persone del Giotto si sono alzate in piedi con le lacrime agli occhi, rendendo ancora più magico il momento del congedo dalla serata.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 31 gennaio 2020
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