RECENSIONE – “Il (superlativo) Medico dei pazzi”
BORGO SAN LORENZO – “… e dite ancora che una volta ad Aleppo, quando un turco prepotente e inturbantato bastonava un veneziano e ingiuriava lo stato, io afferrai alla gola quel cane circonciso, e lo finii così …”
“Quel cane circonciso? Ma chi è, chi diavolo sarà?!”
È con questo enigma che un attore sul palco, intento ad imparare l’Otello di Shakespeare, ha dato il via a una serie di gag esilaranti all’interno della commedia “Il Medico dei Pazzi”, portata in scena al Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo dalla “Compagnia per non Perire d’Inedia”, giovedì 13 febbraio, con la regia di Marco Lo Cascio. La pièce della compagnia amatoriale di Marradi è stata organizzata da Marilisa Cantini per il progetto “Adotta una Canna”, i cui proventi sono stati destinati alla ricostruzione dell’Organo “B. Stefanini”.
Scritta nel 1908 da Eduardo Scarpetta, il caposcuola del teatro napoletano, la celebre commedia è ambientata proprio in quegli anni ed è stata adattata in italiano per facilitarne la comprensione. Gli originali tre atti di Scarpetta sono stati ridotti a due mentre i luoghi della scena sono diventati il Bar Caffè e la Pensione Stella di una città indefinita.
Sulla scena si aggirano personaggi particolari. C’è chi si lamenta del cavallo, chi recita, chi è in perenne movimento, chi piange e chi ride e chi cerca di raggirare lo zio, come nel caso del mendace Michelino; e tutti loro hanno quel po’ di follia che farà da cornice alla buona o cattiva riuscita (chissà!) della trama ordita dal nipote ai danni dello zio.
Zio Felice e zia Franca son partiti da Marradi per venire in città a far visita al nipote Michelino, un giovane maldestro truffatore che ha fatto credere agli zii di essersi laureto in psichiatria e di aver aperto una clinica per malati di mente. Lo zio Felice, grazie al proficuo matrimonio con Franca, ha sempre sostenuto gli studi del nipote e finanziato con un’ingente somma la realizzazione della clinica ed è felice, non solo di nome ma anche di fatto, poiché la notizia del successo di Michelino è giunta fino a Marradi. Ma il ribaldo menzognero, non essendo né medico né tantomeno direttore della clinica, ha sempre passato il suo tempo a giocare d’azzardo, accumulando soltanto debiti. E all’arrivo dello zio gioca ormai le sue ultime carte, tentando di spillargli altri soldi con la scusa che il denaro serve per comprare un macchinario per la clinica, il “TiraSchiaffi”. Con un’idea geniale, fa passare per malati di mente la clientela del bar e della pensione creando così i presupposti per farlo abboccare all’amo…
Lo spettacolo è stato ben sviluppato dal regista e ben interpretato dagli attori, professionali e superlativi nel rendere reale la vicenda.
La “Compagnia per non Perire d’Inedia” è stata fondata nel maggio dell’anno 1996, da alcuni marradesi amanti del teatro, con l’intento di rallegrare le serate di quel paese sull’Appennino. Dal 2015, sempre a Marradi, i componenti del gruppo gestiscono anche il “Teatro Degli Animosi” (piccolo gioiello di fine ‘700), curando la stagione teatrale e inserendovi talvolta alcune commedie di propria produzione. Lo spettacolo di stasera è il loro primo “fuoriporta” (poiché non dispongono di mezzi appropriati per trasportare le loro grandi e eleganti scenografie, realizzate direttamente dai componenti del gruppo), e ci auguriamo che sia la prima di tante altre tappe visti i risultati di stasera. Il successo dello spettacolo ha consentito alla compagnia di portare a casa una pergamena, consegnata fra ovazioni e applausi da Marilisa, che testimonia l’acquisizione di una “Canna”.
E un saluto speciale va indirizzato proprio a lei, a Marilisa, piccola donna dotata di un’enorme sensibilità, che da molti anni si sta battendo con forza in tante iniziative per la completa restaurazione del monumentale Organo “Bartolomeo Stefanini” del 1696. Un organo che fu fatto costruire su commissione dal Granduca Cosimo III de’ Medici per celebrare la vittoria contro i Turchi a Vienna. Una volta terminata la sua costruzione, l’organo venne collocato dall’antica famiglia fiorentina in uno dei suoi luoghi di culto, la Badia Fiesolana. Più di un secolo dopo, lo stesso fu trafugato da Napoleone, l’incettatore per eccellenza, che lo piazzò nella Pieve di Faltona, una chiesina abbandonata in mezzo ai campi sulla strada che collega Firenze con il Mugello. Qui, una volta che la chiesa perse la sacralità, l’organo fu abbandonato a se stesso. Ma oggi possiamo dire che, grazie a Marilisa, lo strumento (ridotto in condizioni pietose per l’incuria del tempo) sta pian piano tornando alla sua nuova vita e appena saranno terminati i delicati lavori di restauro tornerà a suonare nel Santuario del Santissimo Crocifisso a Borgo San Lorenzo, sua futura ubicazione, donando ancor più lustro al nostro Mugello.
Carla Gabellini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 26 febbraio 2020