A porte chiuse – Federica Girardello incoraggia i piccoli teatri
BORGO SAN LORENZO – In un periodo in cui tutto chiude c’è chi, con determinazione e spirito coraggioso, non perde la speranza. È il caso dell’attrice ed insegnante di teatro Federica Girardello, che incoraggia teatri piccoli come quelli mugellani, spiegando il perché di tale fiducia. Inoltre, l’attrice si lascia andare ad interessanti riflessioni sulla sua carriera e sul mondo teatrale, andando ad analizzare i vari aspetti di esso.
Lei, oltre ad essere attrice televisiva e cinematografica, è anche un’insegnante di teatro e ha molto a che fare con i ragazzi. Quali impressioni ha tratto da questa esperienza? Lavorare con i ragazzi, e poi anche con gli adulti, è una grande fortuna, perché ci permette di capire che non ci dobbiamo mai fermare. C’è sempre qualcosa da imparare e si devono sempre cercare modalità diverse e innovative, proprio in virtù del fatto che ogni allievo è diverso dall’altro. La bellezza di questo mestiere sta nel fatto che, mentre penso a modi nuovi per istruire l’allievo, questi sono di aiuto anche a me. Secondo me, è bellissimo insegnare proprio perché nei miei ragazzi rivedo tutte le difficoltà che ho avuto io e questo fa sì che mantenga sempre i piedi per terra.
Ian McEwan in un romanzo dice “La guerra è il nemico giurato della creatività”. Ora non siamo in un periodo di guerra, ma comunque di disagio: i teatri e i cinema sono chiusi, le scuole hanno molta DAD…insomma, è una sfida per il mondo culturale. C’è, secondo lei, un modo per esercitare la nostra creatività in questo momento? In realtà, come in tutti i momenti di stallo, ci sono i bagliori per una rivoluzione. Ogni crisi ci dà la possibilità di scuoterci, di non adagiarsi su qualcosa. Spesso le cose vanno avanti “perché è sempre stato così”; ora c’è la possibilità di cambiare e di fare una selezione nel nostro ambito. Prima, pur di avere sovvenzioni, ogni progetto era presentato come culturale, ora solo chi ha un’idea vera e propria riuscirà a portarla avanti. È una situazione triste, ma può avere dei risvolti positivi. Noi, come accademia teatrale, continuiamo a portare avanti i progetti proprio perché questo è un momento in cui si può sperimentare senza avere il pensiero esclusivo della produttività, intesa in senso commerciale.
Lei ha più volte detto di essere appassionata di Shakespeare, rispetto al quale Victor Hugo diceva “A Shakespeare non manca nulla e se qualcosa gli manca, questa è proprio la mancanza”. È d’accordo con questa affermazione? Sì, Shakespeare era un grandissimo conoscitore dell’essere umano, una sorta di antropologo. Quando si studia Shakespeare si studiano sempre delle persone, poiché i suoi personaggi sono molto sfaccettati, non si dividono in buoni o cattivi, fa proprio uno specchio dell’umanità. Fa vedere come esistano lati buoni nella cattiveria e lati oscuri nella bontà, è un grande realista. Questo è l’aspetto di Shakespeare che mi piace di più.
Gli artisti hanno un rapporto forte con il pubblico. Tuttavia a volte sembrano non considerarlo importante. Lei come si pone nei confronti degli spettatori? Io amo molto il teatro proprio per il rapporto che ho con il pubblico. Sento proprio il bisogno di questa interazione, non sono come alcuni miei colleghi che preferiscono non vederlo perché la vista delle persone mette loro ansia. In accademia abbiamo un palco di tipo elisabettiano, per cui recitiamo alla luce del sole, interagendo con gli spettatori. Ovviamente bisogna avere molto rispetto verso le persone che ci seguono, alcuni attori sono spesso indelicati verso di loro e questo non mi piace. È chiaro che senza il pubblico il teatro non esiste.
In questo periodo si parla molto di una possibile trasmissione degli spettacoli teatrali in TV. Pur essendo consapevoli che “niente è come esserci”, questa idea potrebbe portare ad un riavvicinamento delle persone ad opere considerate elitarie? Potrebbe essere una spinta ad una ripresa più forte? Potrebbe esserlo nel senso che ogni occasione è buona. Dobbiamo sempre ricordarci che prima la RAI trasmetteva spettacoli per le persone che non potevano permettersi di andare a teatro, ciò ha fatto in modo che molti apprezzassero tali opere. Ovviamente non è la stessa cosa, potrebbe essere un mezzo utile per poter sopravvivere, magari da utilizzare per lo studio, ma non si può sostituire al teatro dal vivo. È lo stesso discorso che facciamo con le videochiamate: la tecnologia ci aiuta, ma non sostituisce il rapporto vero e proprio.
In Mugello, noi abbiamo tre teatri, che spesso vengono riempiti quando ci sono degli spettacoli. Il rischio è che, anche con una nuova ripresa del settore, le nostre sale restino vuote proprio perché sarà difficile che si vada ad investire sui teatri di provincia. Cosa pensa in proposito? Io penso di discostarmi da questa visione, poiché i grandi teatri hanno bisogno di molte sovvenzioni, mentre, in questo momento, può darsi che siamo più le realtà piccole quelle in grado di ripartire prima. Le piccole produzioni potrebbero avere più date e dunque potrebbe essere questo il loro momento.
Quindi, il prossimo spettacolo verrete a farlo da noi nel Mugello? Magari, poiché è una zona che amo molto. Verremo volentieri.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 novembre 2020