INTERVISTA – Daniela Morozzi “La mia dolcezza per andare incontro al mondo”
BARBERINO DI MUGELLO – Daniela Morozzi, attrice toscana spesso impegnata anche nel nostro territorio, al termine dello spettacolo “Quel giorno acchiappai una stella”, risponde alle nostre domande, spaziando tra diversi argomenti, che vanno dall’attaccamento ai suoi personaggi ai diritti di genere.
Un tratto distintivo della maggior parte dei personaggi da lei interpretati è la dolcezza, una caratteristica che spesso viene associata alla fragilità. È vero che un atteggiamento gentile è indice di debolezza interiore o è piuttosto il contrario? Ci devo pensare, vista la complessità della domanda. La dolcezza è per me una modalità con cui bisogna andare incontro al mondo, alla dolcezza associo il rispetto, inteso come apertura, come disponibilità ad ascoltare l’altro. Al mondo di oggi, ci creiamo tutti una corazza per sembrare più forti, vogliamo tutti dimostrare qualcosa, pur di sentirci arrivati. Per me questo non è importante, penso piuttosto che un atteggiamento gentile permetta di scoprire molte cose delle persone che mi stanno vicino. A questo io credo molto e vorrei che arrivasse anche attraverso i miei personaggi.
Lei ha anche lavorato molto con il maestro Virzì, che spesso propone opere dallo spiccato taglio realista, dove il sogno si scontra con la realtà… Sì, Paolo mi ha insegnato tanto attraverso il suo stile di raccontare, con quel suo unire i toni alti a quelli bassi. Le sue opere hanno un taglio popolare, ma sempre contenuti profondi. Il suo voler affrontare problemi universali mi ha sempre colpita ed è un po’ quello che ho cercato di mettere anche nei miei lavori.
L’emergenza Covid19 ha messo in luce quanto lavori come il suo siano precari, benché indispensabili da un punto di vista spirituale. Come ha affrontato questo periodo in relazione con il suo lavoro? L’emergenza evidenziato la nostra fragilità, poiché è l’uomo stesso ad essere precario. Dal canto mio, ho cercato di vivere il mio mestiere come un servizio pubblico, non mi sono chiusa in casa a leggere poesie per conto mio, ho pensato che dovessi essere di aiuto gli altri. Per questo, abbiamo fatto trasmissioni radiofoniche, con il contributo di Controradio di Firenze. Ho voluto accettare la fragilità del momento, facendo gruppo con altre persone. È difficile pensare che ogni lavoro abbia bisogno di sostegno, spesso classifichiamo i mestieri in più o meno importanti. Le istituzioni dovrebbero pensare a questo, a non trascurare alcuni settori. Forse questa emergenza potrebbe essere un modo per ripensare la politica, perché questa si concentri ulteriormente sul mondo della cultura.
E, a proposito della scelta di un lavoro culturale, lei quando ha deciso che avrebbe fatto l’attrice? L’ho sempre saputo, fin da quando ero una bambina. Non c’è stato un momento particolare in cui ho sentito una vocazione, ho sempre voluto fare questo mestiere.
Lei ha fatto spettacoli anche sul crimine della violenza domestica. Su questo tema importantissimo ci sono tuttavia molti punti di vista. Davanti alla proposta di utilizzare un linguaggio inclusivo per cambiare la mentalità, ci sono persone che si dimostrano contrarie sia per ragioni linguistiche che ideologiche. Lei cosa ne pensa? È vero: sono moltissime le persone che non vogliono utilizzare termini come “assessora” o “ministra”, ma io penso che sia importante introdurre queste parole. La lingua è il binario su cui poggia il pensiero, dunque essa diventa specchio di una certa società. Se non introduciamo queste parole, saremmo sempre portati a pensare certi mestieri come destinati agli uomini, mentre l’immaginario deve essere allargato, proprio per permettere alle bambine di pensare che potranno diventare quello che vogliono, anche “direttrici d’orchestra”, dato che non ci sono lavori per uomini o per donne. Un altro termine che alcuni non vogliono usare è “femminicidio”, eppure si tratta di un crimine gravissimo, rispetto al quale molte donne stanno lottando. La politica ha fatto pochi passi per costruire un clima diverso, ciò è dimostrato da quante poche donne sono in Parlamento; anche nelle recenti elezioni regionali in Toscana i candidati sono quasi tutti uomini. Nonostante sia possibile per le donne scegliere il proprio mestiere, è molto difficile per loro accedere a posti di rilievo. Per questo andrebbe fatto un lavoro di educazione, partendo dai bambini, sia femmine che maschi.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 29 agosto 2020