IL CRITICONE – “Piccole Gonne”… Scelta coraggiosa o non scelta?
VICCHIO – Molti e moltissimi applausi hanno ricevuto gli interpreti di “Piccole Gonne”, di Alessandro Fullin, da parte del pubblico abbastanza numeroso del Teatro Giotto di Vicchio, tanto che siffatto commento rischia di essere un’espressione della stecca fuori dal coro. Dire che lo spettacolo ci ha lasciati perplessi sarebbe dir poco, anche perché non ci si può esimere dal fare commenti non neutrali quando si tratta di un’opera (che voleva essere) satirica. Il riprendere un classico della letteratura americana è stata senz’altro una scelta coraggiosa, per cui comprendiamo la difficoltà di conciliare il comico con il quasi drammatico. È stato ripreso un testo denso di ideologie: non si può infatti negare che “Piccole donne” di Louisa May Alcott sia un libro dove, seppur all’interno di un contesto pressoché domestico, le donne rivendicano, chi in un modo chi nell’altro, i caratteri essenziali della femminilità. L’operazione della compagnia è stata quella di spogliarlo di ogni tipo di carattere ideologico, il che va completamente a ledere l’anima stessa della satira. Ci spieghiamo meglio, disturbante non è stato il fatto che si ricercasse la provocazione (uomini vestiti da donne, una Beth barbuta, una zia March sgualdrina…) quanto il non lasciar capire il motivo delle suddette provocazioni, si è infatti cercato da un lato di rimanere fedeli all’opera, dall’altro si sono suscitate risate nel pubblico attraverso battute non propriamente elaborate, senza spingersi oltre. Non era chiaro quale fosse il fine dell’opera, per cui in alcuni momenti sembrava quasi trattarsi di un nonsense, che avremmo forse gradito maggiormente, ma neanche questo è stato reso, poiché siamo rimasti in bilico da un voler dare spunti provocatori a un non voler significare alcunché. La mancanza di scelta ha reso dubbio il valore dell’opera, che è stato però arricchito dai balletti ben eseguiti dagli attori, tanto che molti spettatori all’uscita hanno commentato che i componenti della compagnia sarebbero stati più a loro agio in una commedia musicale.
Concludendo, non vogliamo far intendere che la pensiamo come Otto Wagner, per cui: “ciò che non è utile non può essere bello”, ma rivendichiamo la necessità di una scelta di fondo per poter apprezzare un’opera di questo genere.
Il Criticone
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 28 gennaio 2019
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