RECENSIONE – Decaneurone: un po’ di speranza nel determinismo
BARBERINO DI MUGELLO – Prosegue l’iniziativa culturale “La rinascita della bellezza” e venerdì 31 luglio è stata la volta di “Decaneurone”, monologo interpretato dallo stesso Riccardo Rombi, uno degli organizzatori di tale rassegna. Si è trattato di un lavoro che l’autore ha preparato durante il periodo del lockdown e che ha visto un primo debutto il 31 nei Giardini del Teatro a Barberino e una replica domenica 2 agosto a Cavallina. Come si evince dal titolo, c’è un richiamo al Decameron di Boccaccio, ma non così rilevante per il contenuto dell’opera, dal momento che tutto si gioca sul racconto di un viaggio immaginario in Oriente durante il Medioevo. Il curioso lavoro di Rombi ha fatto emergere come, già alla fine del XIII secolo, tutto il mondo fosse già legato, per cui non ha mai avuto senso parlare di zone distinte e di costumi migliori di altri. I confronti con l’oggi sono venuti subito agli occhi degli spettatori attenti: nel momento in cui c’è stata la gara ad attribuire le colpe del Covid-19 ai cinesi, ai tedeschi o agli italiani, citare Manzoni non ci ha permesso di ragionare lucidamente sul modo di agire di una pandemia, che ha dimostrato a tutti quanto non vogliamo essere fragili. Ci sono stati momenti in cui abbiamo voluto attribuire la responsabilità ad alcune usanze, come già nel Medioevo si faceva nei confronti dell’Oriente, la cui storia spesso resta sconosciuta perché “non è la nostra”.
Il lavoro di Rombi, espresso nel grosso plico di fogli letti con foga dall’autore, ha voluto dimostrare che l’uomo è da sempre viaggiatore nel mondo, non è isolato da niente e siamo influenzati da qualsiasi avvenimento accada anche nei luoghi più reconditi. Il tocco in parte polemico e deterministico espresso da Rombi è stato addolcito dalla riproduzione di alcune canzoni relative alle zone frequentate dai viaggiatori: è stata riprodotta anche la famosa “Creuza de ma” di Fabrizio De André, che è stata anche fatta ascoltare all’inaugurazione del Nuovo Ponte di Genova. I tocchi pessimistici, che dovevano essere incrementati dai racconti dei Papi che portavano avanti la lotta alle eresie, si sono un po’ attenuati nella descrizione delle ricchezze di quelle terre viste con sospetto: in fin dei conti, anche se spesso si tratta di un’illusione, c’è sempre la speranza che la bellezza prevalga e che il suo riconoscimento porti ad un attenuarsi dei pregiudizi.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 7 agosto 2020