A porte chiuse – Gli artisti rivogliono il loro pubblico ma…
BORGO SAN LORENZO – Ormai è noto il grande disagio che vivono gli artisti in questi momenti, in cui, se non si vogliono fermare, devono accontentarsi di utilizzare le piattaforme online, privati dal loro rapporto con il pubblico, senza il quale il teatro non ha senso di esistere. È su questa interazione fra artisti e spettatori, ormai preclusa per cause di forza maggiore, che è necessario interrogarci. Molti attori mettono in chiaro quanto a loro manchi il pubblico, proprio perché la risposta immediata di approvazione o disapprovazione contribuisce a correggere il tiro o a mantenere alto il tono dell’opera, il che è fortemente ostacolato da uno spettacolo in streaming. Ciononostante, se considerassimo questa posizione una sorta di arringa, potremmo divertirci a giocare il ruolo dell’avvocato del diavolo in un processo immaginario. La visione delle numerose foto postate sui social in cui compaiono attori e cantanti in platee vuote, magari con sotto la scritta “che tristezza”, ci porta a formulare la prima domanda dell’accusa “Cosa facevate quando tali platee erano piene?”. Per non ricevere risposte false, l’accusa potrebbe ricordare quando anche in numerosi teatri, tra i quali rientrano anche quelli mugellani, molti spettatori sono stati invitati ad allontanarsi poiché l’artista non era in vena di incontrare persone. Possiamo metterci però anche al posto della difesa e tentare di formulare un’arringa difensiva, che potrebbe sostenere la tesi che protagonista deve essere l’opera e non la persona c’è dietro al personaggio. Questa è un’attenuante non di poco conto, se si pensa che molte volte artisti che producevano opere di notevole valore, in realtà fossero persone sgarbate nel privato, quindi l’invito è sempre quello di non voler squarciare quel velo di mistero che circonda tali persone: il rischio è alto e, appunto, in risalto deve essere il frutto del lavoro e non la persona che c’è dietro. Dopo le attenuanti, vengono però le aggravanti. È vero che l’artista ha lavorato tutta la sera, mentre molti degli spettatori sono andati a teatro per prendersi una pausa dagli impegni lavorativi, ma la maleducazione che talvolta vediamo palesarsi nei teatri non è giustificata da queste motivazioni. Inoltre, questo processo dove non abbiamo né assolti né condannati, poiché nessuna motivazione sembra debba farci protendere dall’una o dall’altra decisione, si concluderà con un consiglio. Spesso si considerano gli spettatori semplici, perché ridono anche alle battute sbagliate, ma si prega gli artisti di fare attenzione: il pubblico non è così ingenuo, non è vero che agli spettatori piace tutto, talvolta i migliori critici sono proprio in quelle poltroncine rosse. Si invita dunque gli artisti a utilizzare un po’ di furbizia: a volte il pubblico si accorge di un atteggiamento scostante anche durante lo svolgimento dello spettacolo, non disprezzate così chi vi segue, altrimenti il teatro in streaming sarà la regola e non solo in tempi di emergenza. Il rapporto con le persone che hanno rinunciato ad un altro impegno, si sono organizzate con le loro famiglie e hanno pagato un biglietto per venire a vedervi, non può essere trascurato. Nell’era del distanziamento, provate a pensare a quanto influisca il contatto nel vostro lavoro, a come siano preziose le lacrime come pure i colpi di tosse, perché è nei momenti di inopia che ci accorgiamo del valore delle cose. Per citare Piero Calamandrei, la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, pensate dunque, ora che se ne avverte la mancanza, a quanto valga un applauso sentito.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 9 novembre 2020