RECENSIONI – L’amore alla camomilla dei FraMenti DiVersi
VICCHIO – Breve pièce, in un unico atto, facente parte di un progetto teatrale della compagnia “FraMenti DiVersi”, diviso in tre parti (e in tre colori), la cui prima parte (e il primo colore) vorrebbe trattare il tema dell’amicizia (il colore giallo – nel linguaggio dei fiori- simboleggia, appunto, l’amicizia).
A mio parere, però, il tema principale sembra comunque quello dell’amore, qui raccontato attraverso un’amicizia piena di complicità, fra un uomo (Riccardo) e una donna (Cristina).
Anche il sottofondo musicale sulle note di Love Story concorre a infondere il “legittimo sospetto” che il tema principale sia quello dell’amore. Tutta la scena si svolge al quarto piano di un palazzo condominiale, nell’appartamento di Riccardo il quale è caduto da alcuni giorni in un profondo stato di depressione per essersi innamorato di Martina, una collega di un corso di aggiornamento, e per non riuscire a dichiarare a costei il proprio sentimento.
La conseguenza è che l’uomo giace sdraiato sul divano del salotto da alcuni giorni, beve in continuazione camomilla (forse da qui il giallo, per rifarsi al colore del progetto teatrale) e reagisce sempre meno allo stato depressivo in cui è caduto.
Cristina, legata a Riccardo da sincera amicizia, viene a trovarlo con la ferma intenzione di toglierlo da quello stato, anche a costo di usare azioni energiche. L’amica tenta in ogni modo di scuotere l’apatia rassegnata dell’uomo il quale è fermamente convinto che Martina sia indifferente alle sue attenzioni. Ella insiste che Riccardo debba trovare il coraggio di manifestare con chiarezza all’amata quello che prova nei suoi confronti.
“In fondo – gli spiega – dire ti amo sono solo cinque lettere!”
“Sì, è vero – ribatte Riccardo – ma sono le più complesse!” Con vero spirito da “crocerossina”, Cristina continua a incalzarlo, cerca di infondergli sicurezza, gli indica le varie strategie per conquistare l’amata, convincendolo persino a telefonarle.
Qui, fra i due amici di genere opposto, si incastrano, in rapida successione, alcuni simpatici dialoghi:
-“Non essere retorica!”
-“E tu non essere moribondo!”
-“Devi leggere dentro l’animo femminile!”
-“Sono analfabeta!”
-“Lei è troppo bella per me!”
-“Anche fra i nostri amici c’è una coppia, formata da una cozza e una sirena!”
-“Adesso vedi tutto più chiaro?”
-“Sì, come disse Ray Charles.”
Alla fine, Riccardo trova la forza per telefonare a Martina e, con la scusa di poter avere da lei un aggiornamento del corso frequentato da entrambi, la invita a casa sua.
-“A che piano abiti?”
-“Al settimo cielo!”
-“Come hai detto?”
-“Scusa! Al quarto piano!”
Martina arriva e Cristina si nasconde nel ripostiglio, pronta a sussurrare suggerimenti (i suoi bisbigli vengono fatti passare da Riccardo come i miagolii di un’immaginaria gatta Silvestra). Riccardo stenta a iniziare la conversazione, letteralmente confuso dalla presenza della bella Martina. Impacciatissimo, comincia a buttare là frasi di circostanza, tenendosi alla larga dall’affrontare di petto la situazione: divaga sulla “guerra in Ruanda”, sulla “guerra nella Striscia di Gaza fra Sharon e Arafat”, perfino sulla malattia irreparabile della propria gatta Silvestra.
Alla fine, vincendo l’imbarazzo, usando uno stratagemma linguistico degno di Stefano Bartezzaghi, trova il coraggio di profferire le agognate parole: le chiede di “accorciare il verbo”, togliendo le prime tre lettere nell’espressione “Io ti chiamo”, e le parole “Io ti amo” vengono fuori. Finalmente, i suggerimenti accalorati di Cristina gli hanno fatto tirare fuori la sospirata dichiarazione d’amore.
Martina, di rimando, gli dice che anche lei prova lo stesso sentimento … ma… nei confronti di un altro, purtroppo.
A questo punto, però, Riccardo è oramai psicologicamente libero e arriva preparato alla deludente rivelazione. Grazie, soprattutto, all’amica Cristina che, scuotendolo in lungo e in largo, lo ha fatto reagire.
Uscita di scena Martina, incassata con nonchalance la delusione amorosa, Riccardo si ritrova solo con Cristina e il dialogo fra i due diviene più sereno, più pacato e più dolce, tanto da far pensare che la loro amicizia possa trasformarsi in qualcosa di più.
Ma è soltanto un’illusione di breve durata: il bacio “rostandiano” che scocca dalle labbra di Riccardo si stampa sulla fronte di Cristina a suggellare l’amicizia vera che non riesce (ahimè) a trasformarsi in amore.
Essenziale ma efficace regìa di Michela Parzanese senza alcun cambio di scena.
Ottima l’interpretazione di Iole Spinnato nei panni di Cristina, esemplare Daniele Demetri nella parte del depresso Riccardo e brava anche Debora Angeletti nel rappresentare Martina, la donna oggetto del desiderio di Riccardo.
Da notare, infine, che il testo (o la storia a cui si rifa il testo) dovrebbe essere stato scritto almeno 15 anni fa (Arafat è morto nel 2004).
Carla Gabellini
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 3 marzo 2019
Pingback: "L'ospite", al teatro Giotto di Vicchio in scena il secondo colore della rassegna di "FraMenti DiVersi"