RECENSIONI – “Forza, il meglio è passato”, con Giorgio Pasotti, diretto da Davide Cavuti
“Non piangete se non c’è qualcosa che davvero vi tocca il cuore”
BORGO SAN LORENZO – Il monologo “Forza, il meglio è passato”, interpretato da Giorgio Pasotti, ha concluso la stagione teatrale 2018/2019 del Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo. Si è trattato di una serie di monologhi celebri uniti da racconti dell’attore sul teatro e sul cinema. Si è spaziato da Shakespeare, con i monologhi di Marco Antonio nel Giulio Cesare e di Amleto, a Gabriel Garcia Marquez, a lettere fra D’Annunzio e la Duse, a Stefano Benni, per concludere con uno struggente passo tratto da “L’uomo col fiore in bocca” di Pirandello. L’attore non ha esitato a rompere la quarta parete e a chiamare due persone sul palco a leggere testi di Shakespeare e Dante, generando fra gli spettatori un misto fra preoccupazione e curiosità. Il ritmo sostenuto da Pasotti tra un monologo e l’altro non ha lasciato disperdere l’attenzione, ma ha attratto il pubblico in un’atmosfera divertente di un divertimento costruttivo, ricco di riflessioni, facendo della spontaneità il suo punto di forza, per cui la simpatia è divenuta la trama della bellezza dello spettacolo. Il tentativo di voler esplorare l’ambiguità della vita con il sorriso era velato dai racconti sul teatro, per cui si l’opera si è sviluppata in una sorta di esperimento di meta-teatro. L’arlecchino come emblema della nostra cultura, geloso della fama di Amleto, il “Ronaldo del teatro”, come ha affermato lo stesso Pasotti, ha dato lo spunto all’attore per proiettare una parte del suo film, “Io, Arlecchino” (2014), il che ha un po’ disorientato e quasi diminuito il crescendo di tensione, che però è stato recuperato dal Pirandello finale. L’ironia costitutiva dello spettacolo ha evidenziato il fatto che la vita sia bella, ma non semplice. Come bis, Pasotti ha proposto una lettura delle frasi sulla vita di Madre Teresa con sullo sfondo alcuni filmati che rappresentavano molte ingiustizie presenti nel mondo di oggi, come le guerre e la mancata assistenza ai migranti. Come ha sottolineato l’attore, si è trattato di un finale un po’ retorico, ma doveroso verso queste situazioni, perché un domani i nostri artisti non possano dire “Come potevamo noi cantare fra i morti abbandonati nel mare?”
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 10 aprile 2019