RECENSIONE – “Winston vs Churchill”: sudore, lacrime e tanti applausi
In tutto il mondo il nome di Churchill evoca qualcosa di grande (e di terribile).
VICCHIO – Il secondo appuntamento in stagione a Vicchio è stato “Winston vs Churchill”, andato in scena al Teatro Giotto giovedì 5 dicembre. Si è trattato di uno spettacolo dalle tinte forti, con momenti carichi di riflessione, alternati a scene comiche, tese a rendere il carattere eccentrico di uno dei maggiori uomini di Stato. Battiston, con il suo perfetto phisique du role per il personaggio rappresentato, ha riportato alla mente di tutti il famoso Winston Churchill, un politico che ha dovuto fare scelte difficili, un uomo indubbiamente colto, il che ce lo ha fatto sentire amico, se non vicino. Lo scambio di battute con l’infermiera Margaret ha riproposto un cliché da Jane Eyre e Mr Rochester, in cui la timida e delicata ragazza (anche un po’ troppo scolastica) trova la forza d’animo per tener testa all’uomo che ha sempre rappresentato un’ossessione per i suoi familiari. Una serie di continui flashback ha reso il ritmo sempre più dinamico e ha permesso di seguire diversi aspetti della vita e del carattere di Churchill: si è spaziato dalla sua spiritosaggine, alla passione per i gatti, alla vergogna…
C’è stato, ad esempio, il momento in cui il protagonista raccontava barzellette, durante il quale venivano riprodotte artificialmente voci e risate fuori campo, non indispensabili, in quanto il pubblico vicchiese è molto propenso a ridere qualora sia stuzzicato nel modo giusto. Poi i racconti del ministro sono passati ai genitori, per cui sarebbe dovuto rimanere a vita un reietto: forse è stato questo uno dei momenti in cui Battiston ha dato il meglio di sé, fingendosi divertito dal ricordo dei rimproveri, ma in realtà molte erano le lacrime trattenute, poiché il giudizio della famiglia ci perseguiterà dovunque e a qualsiasi meta si arrivi. La dinamica familiare è stata ripresa in varie parti, sia dall’infermiera che da Churchill stesso, nel rievocare la figlia morta suicida, oscurata dalla figura paterna. Quello che è emerso è stato l’uomo con tutti i suoi difetti terreni, l’idea che la sconfitta più difficile da accettare sia la morte, a cui possiamo arrivarci preparati, magari studiandoci quali parole dire per ultime, ma sarà sempre qualcosa che ci coglierà senza possibilità di difesa. All’uscita dal teatro, molti spettatori si sono mostrati dubbiosi sulla scenografia: una sedia enorme su una piattaforma circolare rialzata, con sopra diversi oggetti caratteristici. Forse anch’essa aveva lo scopo di inserire il protagonista in uno stato di sospensione, espresso da una volontà di lasciarsi andare e, al contempo, di rimanere ancorato alla materia, nonostante sia ormai noto a tutti che il sudario non abbia tasche.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 11 dicembre 2019