A PORTE CHIUSE – Viviana Altieri “Serve una rieducazione al teatro”
BORGO SAN LORENZO – L’attrice Viviana Altieri, diplomata all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, attiva in vari ambiti e venuta in Mugello con opere come “Sarto per signora” diretto da Binasco e “A testa in Giù”, con la regia di Gioele Dix, ci rende partecipi delle sue riflessioni su alcuni ruoli che ha ricoperto durante la sua carriera. Recitare in uno spettacolo o in un film, infatti, non vuol dire solamente prestare la voce e il corpo al personaggio, ma anche interrogarsi su se stessi, sul proprio lavoro, sui temi trattati e su cosa implichi tale opera.
Qualche anno fa è venuta al Teatro Giotto di Borgo San Lorenzo con lo spettacolo “A testa in giù” di Zeller in cui viene portata alla luce la contrapposizione fra ciò che si dice e ciò che invece vorremmo dire. Questa può essere vista come una lettura dell’umanità nel quotidiano? Certamente, è una bella metafora della condizione umana. Tuttavia non è detto che le barriere date dall’educazione o dal costume vadano necessariamente abbattute: nessuno ci garantisce che se tutti quanti dicessimo quello che pensiamo sarebbe meglio. Ci sono filtri che servono per mantenere buoni rapporti e a volte è giusto che sia così. Questo spettacolo è veramente coinvolgente, mi è piaciuto molto interpretarlo e tutti noi siamo rimasti ben impressionati dall’accoglienza che abbiamo ricevuto quando siamo venuti a Borgo San Lorenzo. Abbiamo percepito che da voi c’è una cultura teatrale molto sentita.
Lei ha recitato anche nella serie “Altri tempi” sulla legge Merlin, su cui oggi si discute ancora molto. In tanti ritengono che la prostituzione andrebbe reintrodotta come servizio per un naturale bisogno dell’individuo. Tuttavia la scrittrice Dacia Maraini si è espressa dicendo “Ora che l’amore sessuale è libero e le ragazze non sono più segregate in casa, cosa porta un uomo a cercare sesso a pagamento?!”. Lei cosa pensa di questa discussione? La Legge Merlin è entrata in vigore nel 1958, in un periodo in cui le donne che intraprendevano la strada della prostituzione venivano schedate a vita. Non era loro possibile rifarsi una vita, poiché erano segnate per sempre, dunque la Legge serviva anche per liberarle da questa condizione. Quel tipo di settore ora si può paragonare al mercato della prostituzione delle donne extracomunitarie. Non ha niente a che vedere con le Escort, che sono invece donne che individuano nel loro corpo uno strumento per guadagnare. Io credo nella libertà di scelta: se questa viene fatta per una precisa volontà delle interessate non sono contraria; mentre, ovviamente, va contrastato ogni tipo di schiavitù sessuale.
Recitare è un mestiere complesso. Eduardo diceva che uno dei paradossi che caratterizzano l’attore riguarda le gestualità: ogni gesto deve apparire spontaneo e al tempo stesso studiato ad arte. Si rivede in questa idea? Sì, condivido questa affermazione. Anche il linguaggio ci aiuta a capire quando si esagera: se una persona, parlando, gesticola troppo, si dice che è troppo “teatrale”, intendendo con ciò che gli attori a volte sono distanti dalla realtà. Dall’altro lato, non si può neanche essere troppo statici, poiché nella vita quotidiana ci si muove continuamente, la voce è solo un prolungamento del corpo. L’attore d’altronde non può prescindere dallo studio e dunque deve lavorare molto per rendere organico il proprio movimento, che deve andare di pari passo alla voce. Inoltre, ultimamente si studiano molto i neuroni specchio, ovvero i responsabili dell’empatia anche in relazione ai gesti dell’attore e al suo rapporto con il pubblico. Questi studi hanno dimostrato come anche il pubblico segua l’attore, come respiri con lui. Se questi è organico, anche la muscolatura degli spettatori si muoverà seguendo le sue mosse.
Alcuni suoi lavori riguardano la lotta alla criminalità, penso ad esempio a “Sotto copertura”. Questi film o serie aiutano il pubblico ad avvicinarsi alla legalità oppure c’è il rischio che si venga attratti dal “fascino della violenza”, poiché è documentato che anche i mafiosi sono appassionati di serie come “Gomorra”? In questo caso, sarebbe utile fare un’indagine sociologica. Io penso che la maggior parte degli effetti siano positivi, poiché più questi eventi vengono portati alla luce, più sono conosciuti e dunque criticati. La televisione che ha per tematica la legalità solitamente sensibilizza il pubblico, che diventa ostile verso ogni azione criminale, poiché il colpevole non viene mai esaltato. A volte c’è il rischio che si simpatizzi per lui, soprattutto perché si è colpiti dal linguaggio usato, che spesso viene deriso. Ad esempio, il gruppo dei Jackal fa spesso delle parodie di “Gomorra”, prendendo di mira i dialetti e i modi di fare dei camorristi. Questo però è un effetto limitato, che ha anche dei risvolti positivi, poiché incrementa l’idea della comunità: infatti in molti si divertono nell’imitare il dialetto napoletano. Questo non implica il fatto che i campani si indispettiscano, poiché sono loro stessi che portano avanti questo tipo di parodia.
Secondo lei, quale aspetto sociale o letterario non è stato trattato a sufficienza in ambito artistico e invece meriterebbe un posto di primordine? Penso che soprattutto in teatro sia fondamentale cercare una connessione con il nostro tempo. Pensando a quale tematica dovrebbe essere trattata di più, forse questa potrebbe essere la droga negli adolescenti. Guardando la serie di Netflix SanPa, mi sono resa conto del fatto che non si dia molta attenzione a questo fenomeno, fino a quando qualcuno non ci rimette la vita. Inoltre, penso anche che si dovrebbe riprendere in mano vecchie drammaturgie e riproporle, poiché alcune opere hanno un valore universale. Quando, sotto le feste, hanno dato in TV la nuova versione di “Natale in casa Cupiello” in molti si sono espressi contrariamente. Penso invece che riproporre questi lavori sia un modo per puntare ancora l’accento sulla loro importanza.
Ci sono alcuni suoi colleghi con cui sogna di fare qualcosa di nuovo insieme? Un regista con cui ho lavorato e che stimo molto è Valerio Binasco, ha diretto anche “Sarto per signora”, che abbiamo portato anche al Giotto di Borgo San Lorenzo. Binasco ha una grande sensibilità e attenzione al suo lavoro, per questo sogno di poter tornare a fare qualcosa diretta da lui.
Questo periodo di chiusura dei teatri potrebbe essere un modo per fare opere d’essai in televisione, in modo da creare un pubblico che domani accorrerà più volentieri nelle sale teatrali? Non penso che siano il cinema o la televisione ad avvicinare le persone al teatro. Credo che bisognerebbe fare un’operazione diversa: per prima cosa dovremmo rieducare al teatro a partire dalle scuole. In secondo luogo, si dovrebbe invece migliorare l’offerta. La responsabilità è sia nostra, che dobbiamo preparare spettacoli ben fatti, sia della politica culturale che ci ha sempre fatto sentire il fanalino di coda. Quando parlo al plurale non mi riferisco solamente a noi attori, ma intendo tutti coloro che lavorano in questo settore: registi, ballerini, cantanti, maestranze.
Caterina Tortoli
© Il Filo – Idee e Notizie dal Mugello – 6 febbraio 2021